Riordinamento di testi

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Mi guardo per un momento da fuori: sono proprio io, Elena Volpe, da sola nell’androne immenso di un palazzo antico e da tempo disabitato, nel cuore di Venezia. Ed è esattamente qui che voglio essere.
L’affresco non è firmato, per cui l’autore resta circondato da un alone di mistero. So soltanto che è vissuto all’inizio del Settecento e che dev’essere stato un autentico genio, considerando lo stile del disegno, la grana del colore e il delicato gioco di ombre e chiaroscuri. Ha studiato ogni singola pennellata e io sto cercando di non tradire il suo sforzo di raggiungere la perfezione. A distanza di secoli, il mio compito è interpretare il suo gesto creativo e riprodurlo nel mio.
Perciò eccomi qui, da ore su questa scala, nella mia tuta di tela cerata, bandana rossa a contenere il caschetto bruno – ma qualche ciocca ribelle si ostina a sfuggire e a cadermi sugli occhi – e sguardo fisso sul muro. Per fortuna non ci sono specchi in giro, perché senz’altro avrò il volto segnato dalla stanchezza e le occhiaie. Ma non importa. Sono le tracce visibili della mia determinazione.
Questo è il primo vero restauro a cui sto lavorando completamente da sola. A ventinove anni la sento come una grossa responsabilità, ma ne sono anche orgogliosa: è da quando sono uscita dalla Scuola di Restauro che aspettavo la mia occasione, e adesso che è arrivata farò di tutto per non lasciarmela scappare.
Il giallo assorbe la luce del sole, vira all’arancio per poi sfumare in un rosso acceso. Un taglio, quasi una ferita, lascia intravedere piccoli chicchi di un viola lucente. I miei occhi sono fermi su questo melograno da ore. È solo un particolare, certo, ma è anche la chiave dell’affresco.
Il soggetto è il ratto di Proserpina, un’istantanea del momento in cui il severo signore degli inferi, un Plutone avvolto nella nuvola porpora della sua veste, afferra con forza i fianchi della dea che sta raccogliendo un enorme melograno sulle rive di un lago.
Irene Cao. Io ti guardo

 


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